Le opere letterarie non hanno tutte lo stesso ciclo di vita. Un volume di narrativa o di poesia, una volta letto, ha raggiunto il suo obiettivo principale, e si può dire che è entrato nell’età matura della sua esistenza; un testo teatrale, invece, una volta letto ha appena imparato a gattonare. Un’opera pensata per la rappresentazione scenica diventa adulta solo quando sale sul palco, con tutte le difficoltà e i dubbi che può incontrare; lasciarla sulla carta è un po’ come costringerla a rimanere per sempre bambina, o trasformarla in qualcosa di molto diverso.

 

 

È così che il teatro può diventare un ottimo alleato della scuola, mostrando agli studenti quello che libri e lezioni frontali non possono e permettendo di comprendere le sfide a cui ogni testo che aspiri alla scena deve fare fronte. Il nostro progetto Studenti a Teatro si riproponeva esattamente questo, ma con una piccola aggiunta: dare ai giovani spettatori la possibilità di essere coinvolti in un dialogo tra palco e platea, in cui lasciar risuonare tutte le loro domande, osservazioni e riflessioni.

 

 

Tra il 21 ottobre e il 15 novembre, tutte le scuole che avevano partecipato ai matineés di Per Amore dei Morti. Antigone dall’abito sporco (Teatro Jenco, 10-12 ottobre) hanno deciso di avvalersi dell’opportunità di incontrare il cast dello spettacolo, dimostrando ancora una volta la necessità educativa di questi spazi di confronto. Innumerevoli le questioni e gli argomenti che hanno alimentato il dialogo: oltre a questioni di Educazione civica su cui un’opera come Antigone sprona a riflettere, molte curiosità riguardavano dati estremamente concreti («Quanto tempo ci vuole per preparare uno spettacolo del genere?», «Come si affitta un teatro?» e, più di tutte, «Come avete fatto a impiccare Antigone?»), mentre altre puntavano alla storia e all’attività dell’Associazione o all’esperienza dei singoli attori (tra le più frizzanti, «Qual è il ruolo che vi ha imbarazzato di più?»).

 

 

Per la maggior parte degli studenti si è trattata della loro prima esperienza del mondo teatrale, anche se molti interventi rivelavano un’acutezza degna dei frequentatori più consumati. «A me il finale è piaciuto molto – ha esordito un ragazzo – però mi aspettavo di rivedere Ismene, perché lo spettacolo era iniziato con lei e poteva anche chiudersi con lei»: una riflessione che è stata anche nostra, ai tempi in cui ragionavamo sulla drammaturgia. Dai vari incontri è emerso poi un diffuso apprezzamento per alcune scelte, come l’alternanza di scene tratte dalla tragedia originale a quelle scritte ex novo, la marcata caratterizzazione psicologica dei personaggi e la presenza di elementi ironici ma non parodici.

Il clima degli incontri è stato informale e rilassato, ricco di manifestazioni di interesse e grande vivacità da parte degli studenti. Un fatto ancora più notevole se si considera poi che la prima occasione di dialogo tra scuole e cast si è svolta a più di una settimana di distanza dalla rappresentazione e le ultime occasioni di confronto a più di un mese: un arco temporale che avrebbe giustificato un po’ di stanchezza nella discussione. Ma non è stato così.

 

 

All’esperienza in prima persona si sono inoltre sommati i resoconti dei docenti: «I ragazzi hanno iniziato a scambiarsi opinioni fin dall’uscita dal teatro», «Non li ho mai visti così entusiasti», «Un’esperienza da replicare». Tutte restituzioni che ci danno tanta soddisfazione, unita alla speranza di vedere diventare il progetto un appuntamento annuale fisso.

Qualche anno fa, l’allora Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca definì il teatro uno «strumento pedagogico trasversale, in grado di incidere profondamente sulla crescita della persona nella sua interezza cognitiva ed emotiva» (Linee guida MIUR 2016/2017). Se questo è vero, allora è compito di entrambe le parti, Scuola e Teatro, tradurre queste parole in realtà: una responsabilità di cui Teatro Res 9 è lieta di prendersi cura.

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